<<Grazie, amico mio. Ti abbraccio forte>> Queste , le ultime parole del “professore” al termine della telefonata con cui lo avevo tranquillizzato per la nuova sistemazione dei suoi amati Fiorini. Doveva assentarsi per un po’ di tempo a causa di una probabile degenza in ospedale per fare degli esami che chiarissero l’origine di un problema piuttosto serio. In quei giorni, anziché andare tutti i giorni nel suo allevamento ad accudirli, visto che ormai aveva pochissime coppie, avevamo concordato che le ultime tre coppie “ancora in cova” le avrei trasferite nel mio allevamento con le loro gabbie. Quella è stata l’ultima volta che l’ho sentito, alcuni giorni dopo, il 10 luglio scorso, Umberto Zingoni ha posto fine alla sua esistenza.
Dopo la morte di sua moglie Umberto non era più lo stesso. L ‘aveva pazientemente ed amorevolmente accudita per tanti anni in una lunga malattia che l’aveva portata all’infermità totale e quando lei se ne era andata per sempre, anche il suo cuore l’aveva seguita inesorabilmente. Umberto diceva spesso che la cosa più brutta dell’invecchiare è la sofferenza che si prova nel perdere i propri cari, e più si invecchia e più questa sofferenza aumenta. Verissimo.
A volte mi aveva accennato che i suoi familiari lo volevano con sè a Lucca, ma lui, di trasferirsi lontano da Firenze, non ne voleva sapere. Diceva:
<<Non mi va di lasciare Firenze e questa casa che per me è piena di splendidi ricordi. Alla mia età dovrei anche cambiare tutte le mie abitudini e poi qui ho i miei unici veri amici: Michele Del Prete e Francesco Rossini.>>
Era vero, sia io che Michele ci sentivamo telefonicamente con lui molto spesso. Ultimamente al termine di ogni telefonata mi ringraziava per averlo distolto per qualche minuto da quella quotidianità che ormai non gli piaceva più
Fino a un paio di anni fa il fisico lo aveva supportato in maniera assolutamente formidabile fino a che non si era fatto male ad un ginocchio durante un lavoro “pesante” nella sua residenza estiva di Sammommè. Dal giorno di quel piccolo incidente alle articolazioni era però apparso uno stato d’ansia che lo ha angosciato quasi ininterrottamente fino alla sua morte e che forse ne è stato anche la principale causa.
Lo incontrai per la prima volta a Firenze nel 1989 durante una Mostra Internazionale. Aspettavo con trepidazione l’arrivo del famoso prof Zingoni da cui volevo acquistare la mia prima coppia di Fiorini. Me lo presentarono, fissai un appuntamento presso il suo allevamento e mi cedette una coppia di buona fattura. Dopo alcuni giorni ci incontrammo nuovamente a casa sua e in quell’occasione mi presentò il menabò della 1° edizione della sua opera enciclopedica “Canaricoltura”. Sfogliando le pagine di quella enorme bozza corredata di foto, disegni, appunti e appendici di ogni tipo, il professore mi illustrava con metodo altamente tecnico il contenuto di alcuni articoli. Scienziato e docente di Biologia, da quando era entrato nel mondo dell’Ornicoltura si era subito messo in evidenza per le sue infinite conoscenze che aveva ben presto messo a disposizione degli appassionati del settore con articoli e testi fra i quali spicca il già citato “Canaricoltura”. Una vera e propria opera enciclopedica che tratta in modo scientifico tutte le tematiche dell’allevamento dei canarini. Ha scritto le prime edizioni dei criteri di giudizio dei Canarini Arricciati oltre a decine e decine di articoli di altissimo contenuto scientifico. I suoi articoli affrontavano le varie tematiche in modo così approfondito che spesso dovevano essere pubblicati in più puntate per quanto erano elaborati e ricchi di contenuti. Era anche un abilissimo disegnatore, un giorno mi mostrò alcuni suoi lavori che sarebbero serviti da corredo ad alcune dispense per i suoi alunni ai tempi del liceo scientifico. Aveva fatto delle cose così belle al punto tale che gli alunni non acquistavano più i libri di testo creando non pochi problemi a livello di “relazione commerciale” fra la scuola e la casa editrice che pubblicava i testi scolastici. Per farvela breve, quella casa editrice, in cambio della fine delle dispense, anziché fare causa a Umberto, lo assunse come direttore per alcuni anni. Una volta mi disse <<A quei tempi, con i soldi che guadagnai con quel lavoro, mi comprai un appartamento di tre stanze nella periferia Nord di Firenze>>.
Insieme a Michele Del Prete ha creato il Fiorino, all’epoca terza Razza Arricciata Italiana, dopo oltre un decennio di rigorosa selezione. Oggi il Fiorino è la razza arricciata più presente nelle mostre ornitologiche avendo superato per numero medio di soggetti esposti anche l’illustre “Arricciato del Nord”. E ancora. Pochi sanno che Umberto, circa trenta anni fa ha creato, da solo, all’interno di un Liceo Scientifico di Firenze un museo delle “Scienze” delle stesse dimensioni di quello della F.O.I.. Centinaia di reperti di ogni tipo: minerali, fossili, animali imbalsamati, plastici, sezioni anatomiche e quant’altro, tutto fatto da lui, dal reperimento dei materiali alla catalogazione analitica.
Il suo livello di competenze tecnico-scientifiche aveva spesso creato invidie in chi ne soffriva l’ombra, ma Umberto stringeva le spalle e a queste persone non rispondeva nemmeno. Più di una volta mi raccontò di una persona che lo sbeffeggiò in pubblico perché lui aveva asserito che durante il periodo di riposo somministrava regolarmente ai suoi canarini la “farina di mais” al posto del pastoncino. Quella cosa gli aveva dato parecchio fastidio, ma non aveva mai replicato. Secondo lui non ne valeva la pena. Ovviamente, Umberto Zingoni, non ha mai smesso, fino alla fine, di alimentare così i suoi Fiorini. Per non parlare poi di alcune voci messe in giro da altri sulla paternità della creazione del “Fiorino”. Anche in quella circostanza Umberto Zingoni non si era scomposto più di tanto limitandosi a commentare senza parole ma con una scrollatina della testa e un risolino ironico che non dimenticherò mai.
Diverso era invece il caso il cui si era trovato a controbattere, anche con una certa fermezza, certe critiche che però provenivano da interlocutori di ben altro livello. Alcune di queste diatribe su questioni tecniche erano state pubblicate sulle riviste del settore degli anni ottanta e avevano anche suscitato un certo interesse nei lettori dell’epoca.
Adesso le cose erano cambiate, Umberto era invecchiato, ed anche ai recenti “attacchi” di alcuni noto personaggi del settore sulla vecchia questione del riconoscimento dell’A.G.I., aveva preferito non rispondere. Era stanco e non aveva più voglia di affrontare certe situazioni, nella vita aveva avuto grandi soddisfazioni e successi, ma adesso si sentiva invecchiato.
Fino a qualche anno fa andavamo per funghi insieme, inutile dire che anche in quel campo era un fuoriclasse. Ne conosceva tutti i nomi scientifici a memoria e una passeggiata nel bosco insieme a lui equivaleva ad una piacevolissima lezione di micologia, spesso e volentieri allietata da discreti quantitativi di funghi raccolti.
A volte veniva a vedere le partite della Fiorentina a casa mia, e quando questa perdeva, il lunedì era nervoso, teso, arrabbiato. Umberto amava tutto ciò che esprimeva la “fiorentinità” della sua città e a Firenze aveva addirittura dedicato il nome della razza di canarino da lui creata, il Fiorino, dal nome della antica moneta cittadina. Più di una volta mi aveva raccontato di essersi fermato ad ammirare le meraviglie esposte in Piazza della Signoria ed essersi accorto di avere gli occhi pieni di lacrime per la bellezza di quei luoghi. Lo raccontava con estrema naturalezza, senza provare alcuna vergogna per le sue debolezze. Ma i grandi uomini sono così, non c’è da meravigliarsi. Quante volte aveva ammesso di essersi ravveduto su quel tale o su quella tal cosa? Solo gli stupidi non cambiano mai idea. E poi quanta umiltà. Io non ho memoria di averlo mai sentito elogiarsi da solo del tipo “ io sono questo” oppure “io ho fatto quello”. Eppure ne avrebbe avuto ben d’onde, ma mai niente di tutto ciò. Quando si è realmente “grandi” non c’è bisogno di ricordarlo perché tanto, gli altri, se ne accorgono da soli.
Umberto Zingoni era una persona seria e onesta. Se non sapeva dare una risposta ad una domanda che gli veniva posta, rispondeva con un semplice <<non lo so>> senza stare tanto a “menar il can per l’aia” . Al contrario, se era sicuro di quanto affermava perché ciò era il risultato di una sua diretta sperimentazione, allora non c’era verso di smuoverlo dalle sue convinzioni.
Di solito ci incontravamo nel suo piccolo studio, lì parlavamo delle nostre cose da “allevatori di canarini” oppure delle nostre questioni di carattere strettamente personale. Per me era un punto di riferimento, sapevo che tranne qualche settimana in agosto, lui era sempre lì inesorabilmente obbligato dalla malattia della moglie, prima, e dall’età avanzata, poi. Io sapevo vita morte e miracoli di lui e altrettanto sapeva lui di me. Non avevamo segreti, consapevoli della sincera amicizia che ci legava e di cui avevamo avuto entrambi più di una prova concreta quando, seppure in situazioni diverse, ci eravamo trovati in difficoltà nelle cose della vita.
La sua morte improvvisa, e anche inaspettata per l’apparente vitalità con cui viveva la quotidianità, mi ha lasciato il ricordo di un Umberto esteriormente normale , senza i segni di una malattia. Questo è sicuramente di grande aiuto per tutti i suoi amici e per i suoi familiari. Ma il ricordo di Umberto Zingoni non deve essere solo di chi, più o meno approfonditamente, lo ha conosciuto. Il suo ricordo deve continuare a vivere per il tramite di ciò che Zingoni ha fatto meglio di chiunque altro. Propongo alla Federazione Ornicoltori Italiani la ripubblicazione dei suoi articoli più belli sulla rivista Italia Ornitologica. Credo che articoli come ad esempio “Specie e Razza” o “Guida alla conoscenza del piumaggio dei Canarini Arricciati”, meritino di essere letti anche dalle nuove generazioni di appassionati del settore. Spero inoltre che l’Associazione Fiorentina Ornitologica, che ha avuto il privilegio di avere fra i suoi soci un personaggio della sua levatura, valuti l’opportunità di ricordare Zingoni con qualcosa di veramente importante e duraturo che non sia un semplice trofeo come, peraltro, è già stato fatto dal Club del Fiorino. Io sognerei di intitolare a lui il nome dell’Associazione ed è il più bel sogno che potrei mai veder realizzato per il grande amico che ho perso per sempre.
Anche io ti abbraccio forte. Ciao Umberto.
Francesco Rossini